“La libertà è terapeutica / La verità è rivoluzionaria. In cerca di Franco Basaglia dagli archivi della follia” è il titolo della conferenza-spettacolo, di e con Vanessa Roghi, che si terrà alle 17 di domenica 24 novembre al Teatro Niccolini di San Casciano. L’iniziativa è la prima della serie programmata all’interno del ciclo ricco di incontri, spettacoli, presentazione libri, film “La fatica di essere se stessi, tra manicomi e pillole della felicità” che terminerà il prossimo 13 marzo promossa dalla Fondazione Macinaia e dalla Asl Toscana Centro in collaborazione con il Comune di San Casciano e con il patrocinio del Cesvot. Qui il programma integrale https://www.fondazionemacinaia.it/la-fatica-di-essere-se-stessi-relazione-introduttiva/
Il primo appuntamento è dedicato alla memoria di Franco Basaglia nei cento anni dalla sua nascita. Una lettura del radicale cambiamento che le sue idee hanno portato non solo nella pratica clinica, non solo al modo di guardare ai servizi socio-sanitari ma più in generale alla società e a cosa vuol dire “salute”, al rapporto tra istituzioni e individui, tra democrazia e libertà.
Lo spettacolo ripercorre le tappe fondamentali dell’esperienza professionale e umana del grande psichiatra dagli anni ’50 all’approvazione della legge n. 180/1978 che ha decretato la chiusura dei manicomi.
Vanessa Roghi svela le ingiustizie e il dolore vissuti da chi, come donne o bambini, è stato rinchiuso perché ritenuto folle o deviante. Traccia i passaggi cruciali che hanno portato a un cambio di visione culturale sulla malattia mentale.
Di fronte al ritorno di un’ideologia che si nutre del controllo dei corpi e delle menti, per chi non intende arrendersi, per chi si sente in contraddizione con il presente, per chi ha voglia di difendere la propria libertà e quella degli altri, il pensiero e l’opera di Franco Basaglia offrono ancora oggi preziose chiavi di lettura della società e dei suoi meccanismi patologici, nonché strumenti preziosi per modificarli.
Lo spettacolo è tratto da “Archivi della follia. In cerca di Franco Basaglia”, podcast di Raiplaysound scritto e realizzato da Vanessa Roghi, con la direzione artistica di Andrea Borgnino.
Vanessa Roghi, ricercatrice indipendente, autrice di programmi di storia per Rai Tre. Ha scritto, tra gli altri, La lettera sovversiva. Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole (2017); Lezioni di Fantastica. Storia di Gianni Rodari (2020); Il passero coraggioso. «Cipì», Mario Lodi e la scuola democratica (2022). Voi siete il fuoco. Storia e storie della scuola (2021). La parola femminista (2024). Ha approfondito la storia della diffusione dell’eroina in Italia. Insegna Storia dei media e dell’educazione alla LUMSA.
***
Riflettere sulla salute mentale di comunità nel 2024, a cento anni dalla nascita di Franco Basaglia, implica inserirsi in una storia di lotta per i diritti e al contempo ascoltare le nuove istanze poste dalla comunità e dall’utenza. La lotta per i diritti è la stessa che Franco Basaglia, insieme ai tanti che si impegnarono nella deistituzionalizzazione a partire dall’esperienza di Gorizia negli anni Sessanta, condusse per restituire la cittadinanza, con i diritti e i doveri ad essa connessi, a chi ne era fino a quel momento escluso da una legge che trattava la salute mentale come un problema di ordine pubblico: la legge 36/1904, infatti, in vigore fino al 1978, prevedeva la chiusura nei manicomi di chi fosse ritenuto per infermità mentale “pericoloso a sé o ad altri o di pubblico scandalo” e ne ordinava automaticamente l’interdizione, ossia la perdita, tra i vari diritti, della possibilità di gestire autonomamente le proprie finanze e di votare.
Lottare per preservare il diritto di cittadinanza di chi si trovi affetto da un disturbo psichico implica oggi difendere un modello di cura che si sviluppi prevalentemente all’interno della comunità, negli ambulatori territoriali dei centri di salute mentale, negli interventi al domicilio dell’utente, nel supporto ai familiari, nelle residenze riabilitative poste in contesti urbani, negli interventi riabilitativi sul lavoro o sull’abitare effettuati in sinergia con le attività produttive e con le associazioni presenti sul territorio.
Per fare questo, è indispensabile il confronto con la cittadinanza e con il territorio per condividere il modello di cura, per accogliere proposte, preoccupazioni e strategie, per favorire e difendere l’idea che l’adattamento sociale di chi presenta un disturbo psichico, soprattutto se grave, dipende non solo da buone pratiche cliniche, riabilitative o farmacologiche che siano, ma anche dalla capacità di ciascuno di noi di vedere nell’Altro, anche se apparentemente portatore di una diversità anche radicale, un cittadino con una storia, con dei diritti, dei doveri e dei bisogni.
Tuttavia, la geografia del disagio psichico è molto cambiata dagli anni della deistituzionalizzazione e dell’azione di Franco Basaglia: se all’epoca era necessario dare risposte riguardo al reinserimento sociale di utenti con disturbi psichici gravi che venivano da una lunga storia di internamento in manicomio e prevenire nuove istituzionalizzazioni, oggi il panorama è maggiormente composito. Bisogna, a tale proposito, contestualizzare il momento attuale in un orizzonte storico e culturale: a partire dagli anni Ottanta, il modello dominante sul piano economico e culturale ha previsto un progressivo sviluppo dell’individualismo a scapito della dimensione comunitaria precedentemente presente.
Il soggetto è stato sempre più considerato nella sua singolarità, valorizzando sempre meno il suo essere parte di una classe sociale, di organizzazioni partitiche o sindacali, di reti di mutuo soccorso. La progressiva precarizzazione del mercato del lavoro e il susseguirsi delle crisi economiche hanno prodotto, secondo l’analisi di autori come Byung Chul-Han, Ehrenberg e Benasayag, una società di individui in competizione tra loro, investiti della necessità di essere “la versione migliore di loro stessi” per ottenere un’occupazione e costretti dalla costante incertezza sul futuro a vivere in un’eterna adolescenza, in una costante necessità di reinventarsi per il mutare delle condizioni e delle prospettive esterne, senza raggiungere mai una stabilità economica e identitaria. Inoltre, la recente pandemia da Sars-Cov-2, portando con sé esigenze di distanziamento sociale, ha rotto reti relazionali e di supporto, ha allontanato i soggetti dai luoghi e dalle situazioni che consentivano loro un sostegno emotivo e identitario e ha inciso in particolare su una generazione di adolescenti e preadolescenti che ha visto ridursi le possibilità di confronto con i pari in una fase cruciale del proprio sviluppo.
Quanto riportato, unito a una sempre maggiore accettazione sociale della rilevanza della salute mentale ai fini del benessere dell’individuo e, di conseguenza, a una maggiore disponibilità da parte dei cittadini a chiedere aiuto ai professionisti della salute mentale, pone ai servizi di salute mentale nuove e diverse esigenze rispetto al passato, spingendoli a trovare nuove risposte. Emerge, oggi, un disagio proteiforme, che esprime nel complesso una difficoltà nel relazionarsi con le aspettative del contesto sociale, con i familiari e con i pari e che può manifestarsi con il ritiro sociale, con la disregolazione emotiva, con l’autolesionismo, con quadri depressivi e ansiosi reattivi a quella che Ehrenberg definisce “la fatica di essere sé stessi”, ossia la sensazione di non essere-abbastanza, di non aver raggiunto gli obiettivi sperati nonostante gli sforzi, di non essere stati all’altezza delle proprie ambizioni.
Discutere di tutto questo, a cento anni dalla nascita di Basaglia, vuol dire cercare di unire, come recitava il titolo di un album dei Gang degli anni Novanta, Le radici e le ali, ossia la storia e i valori delle lotte per la chiusura delle istituzioni manicomiali e l’attenzione verso il mutare delle richieste dell’utenza per costruire nuove modalità di ascolto e immaginare nuove risposte. Tutto questo non può essere fatto senza l’incontro con chi vive sul territorio, senza uno scambio nel quale gli operatori dei servizi di salute mentale possano raccontare la propria storia e il proprio lavoro e la cittadinanza possa chiedere informazioni, proporre idee, chiedere ascolto.
Per provare a trovare una continuità tra le storie di ieri e le sfide dell’oggi, il Centro di Salute Mentale di San Casciano in Val di Pesa, la Fondazione Macinaia Ente Filantropico e il Comune di San Casciano V.P. (con il patrocinio del Cesvot), hanno organizzato cinque incontri per raccontare la chiusura dei manicomi, la nascita dei servizi di salute mentale, le nuove forme della sofferenza e delle possibilità di intervento.