Credo che oggi come non mai “liberare” sia e debba essere sinonimo di “resistere”.
Liberare significa continuare a ripulire un terreno ancora intriso di un oppressore non visibile ma reale che si è insinuato dentro di noi, confondendoci, drogandoci ed estraniandoci da una realtà che come il canto delle sirene ci ha spinto verso il virus della superficialità ed indifferenza.
Nessuno nasce indifferente, nessuno si porta dietro questo peccato ma tuttavia vi viene immerso a seconda di quale emisfero di società verrà alla luce di questa notte.
Questo pensiero mi attanaglia, mi rende pesante e nello stesso più libero quando riesco a focalizzarlo e nel vederlo non vedo un abisso ma vedo un’immagine riflessa.
Sono convinto che libertà sia un valore omnicomprensivo del genere umano, può esistere soltanto quando avrà forma fisica in una totalità nelle sue molteplici diversità, sfumature oscillanti di colori che accarezzeranno ora i melange per poi esplodere in colori più definiti per poi perdersi, unirsi e cangiare in altri orizzonti.
Quando non dovremmo fare carità a nessuno saremo veramente liberi; quando noi facciamo un gesto caritatevole chiediamo noi perdono in primis per aver provocato questo gesto, forse noi stessi inconsciamente prima abbiamo affamato qualcuno, poi indossando un vestito di angelo che non ci appartiene pensiamo di discendere a portare del conforto nascondendo sotto una sabbia oltre la testa anche delle coscienze non formate.
Liberazione uscendo da un mondo con le sue regole oramai diventate talmente autonome che hanno preso il potere sugli stessi padri, regole e formule che hanno creato dei moderni Minotauri in giacca e cravatta con indosso l’armatura di salvezza perché obbedienti alla legge di un umano oramai eluso, nascosto.
Vedo in questa festa, anzi auspico un pensiero non rinnovato, bensì nuovo, vergine che si estenda e possa riuscire a sfiorare, accarezzare parti del nostro corpo per troppo tempo sopite.
Non sarà un libro a cambiare il mondo ma le parole ed i pensieri che potrà far scaturire, la leggerezza del linguaggio, la sua inconsistenza che tuttavia unisce e comunica.
Relazione estrema con l’altro, lo scambio ed il cambio delle vesti con il vicino, solo allora saremo liberi, non di esistere, ma di essere.
Paolo