La società civile toscana si mobilità contro l’apertura di un Centro di permanenza per i rimpatri e dialoga con le istituzioni, rilanciando l’impegno per una politica migratoria e di accoglienza rispettosa dei diritti umani. Lunedì 17 aprile alle 17.30 presso l’Arci di Piazza dei Ciompi a Firenze Ang, Asgi e Medu hanno organizzato un incontro con i rappresentanti delle istituzioni a livello nazionale, regionale e locale.
La Comunità delle Piagge, che ha aderito all’appello che riportiamo qui sotto, invita alla partecipazione.
No alla realizzazione di un nuovo CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) in Toscana
Le organizzazioni firmatarie si oppongono fermamente all’ipotesi di realizzazione di un nuovo CPR in Toscana, scaturita all’esito della Conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza e sostenuta dal Prefetto Valenti e dal Sindaco di Firenze Dario Nardella.
Le recenti dichiarazioni del Sindaco e del Prefetto di Firenze in merito all’apertura di un CPR in Toscana destano rabbia e preoccupazione nella società civile, che vede confermare per l’ennesima volta la fiducia data a un istituto strutturalmente legato alla violazione dei diritti umani di chi vi si trova rinchiuso. Dal 1998 ad oggi i CPR italiani sono stati teatri di profonda sofferenza, caratterizzati da sostanziali e innumerevoli violazioni di quei diritti inviolabili di cui all’art. 2 della Costituzione, del diritto alla difesa, del diritto alla salute, del diritto a una vita dignitosa, della libertà di comunicazione con l’esterno. La scarsa trasparenza legata alla gestione privata dei centri e a quanto vi accade all’interno rende da sempre i CPR impermeabili alla società civile, ostacolandone le diverse possibilità di denuncia. È infatti con grandi difficoltà che nel corso degli anni si è riusciti a ottenere documenti e testimonianze che evidenziano una realtà indegna di uno Stato che si ritiene civile e rispettoso dei diritti. Gli atti di autolesionismo e i tentativi di suicidio avvengono quotidianamente. Le morti all’interno dei CPR sono, ad oggi, più di trenta.
L’estrema confusione legata a finalità, efficienza e rispetto dei diritti riscontrata nelle recenti dichiarazioni in oggetto è disarmante e pericolosa. Risulta pertanto fondamentale chiarire alcuni aspetti:
- Il presupposto per essere trattenuto in un CPR non è la commissione di un reato, bensì la mancanza di un permesso di soggiorno, ai fini dell’esecuzione del rimpatrio qualora sia ragionevole ritenere che possa essere effettuato. La grave scarsità di canali di ingresso regolari e possibilità successive di regolarizzazione rende, ad oggi, estremamente difficile ottenere e mantenere un titolo amministrativo valido per rimanere sul territorio italiano. Il trattenimento viene attuato anche nei confronti dei richiedenti protezione internazionale fino ad un termine massimo di un anno di privazione della libertà personale, talvolta in maniera automatica e in continuità con le prassi di ostacolo all’esercizio del diritto di asilo attuate in frontiera. È sempre opportuno ricordare che la detenzione amministrativa costituisce una misura eccezionale prevista esclusivamente per i cittadini stranieri, costituendo una detenzione sostanzialmente legata alla provenienza geografica e quindi da condannare e smantellare. Non si tratta quindi di detenere criminali, ma persone in condizioni di mera irregolarità amministrativa. La rivendicata finalità deterrente del CPR non trova alcun fondamento;
- Nel CPR non vengono peraltro trattenute esclusivamente persone di una determinata “area di competenza”. L’idea di realizzare un CPR al fine di reprimere episodi di criminalità in Toscana risulta, oltre che illogica, fuorviante. Le persone trattenute sono spesso sottoposte a trasferimenti tra centri, per cui non di rado chi viene fermato senza documenti in una regione si trova ad uscire dal CPR in una regione differente, senza alcun punto di riferimento sul territorio;
- Infatti, più della metà delle persone che transitano dai CPR italiani viene rilasciata dopo mesi di trattenimento, rimanendo sul territorio in condizioni di aumentata marginalità sociale e forte disagio psichico, anche e soprattutto in conseguenza del trattenimento stesso.
I Centri di Permanenza per il Rimpatrio non sono strumenti “estremamente utili”, a differenza di quanto indicato dal Sindaco Nardella. Sono anzi strumenti di oppressione la cui efficacia in rapporto agli obiettivi che lo Stato gli pone, quindi l’esecuzione del rimpatrio, è estremamente marginale, producendo quello stesso disagio sociale che nella narrativa dominante si propone di eliminare.
L’entusiasmo del Sindaco Nardella verso l’apertura di un CPR in Toscana si trova inoltre in perfetta continuità con le istanze del Governo a guida Fratelli d’Italia che nella bozza preliminare alla legge di bilancio pone le basi per l’allocazione di €42.000.000 dedicata proprio all’ampliamento della rete dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio. Una continuità di intenti che ha origini a partire dal Ministero dell’Interno a guida Minniti, il quale chiedeva la realizzazione di un CPR per ogni regione, istanza ripresa da allora da ogni Governo succeduto, di qualsiasi colore.
Le ragioni contro l’idea di istituire un nuovo CPR in Italia sono innumerevoli e nel corso degli anni si è accumulata una vasta gamma di rapporti, libri, documentari e studi di vario genere che confermano il pesante impatto negativo sulla vita e sui diritti delle persone trattenute. Di seguito alcuni esempi. solamente la società civile si è espressa a denuncia delle gravi criticità strutturali del “sistema CPR”: la Commissione De Mistura, voluta dal Ministro Amato nel 2006, al cui esito si chiedeva già al tempo la fine dei centri di detenzione amministrativa in Italia. Ancora, la Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani, che ha più volte denunciato la compressione dei diritti fondamentali all’interno dei CPR. Non ultimo l’importante lavoro del Garante Nazionale dei Diritti delle persone private della libertà personale, che da anni sottolinea l’enorme inadeguatezza di tali istituti, rimanendo, purtroppo, inascoltato: l’ennesima dimostrazione di tale indifferenza verso le argomentazioni accumulate negli anni contro il sistema CPR si riscontra nel riemergere costante delle indicazioni di ampliamento del sistema stesso.
Pertanto, le organizzazioni firmatarie:
- Si oppongono fermamente alla realizzazione di un nuovo CPR in Toscana, chiedendo una netta e immediata inversione di tendenza sia a livello territoriale che a livello nazionale;
- Esprimono incondizionata solidarietà a chi è rinchiuso nei CPR, alle loro famiglie e a quelle di chi, nel corso di ormai 25 anni di detenzione amministrativa, vi ha trovato la morte;
- Denunciano la gravità della continua riproposizione di un modello incostituzionale basato sulla privazione della libertà personale che inevitabilmente e quotidianamente dimostra le sue pesanti ricadute sui diritti umani delle persone trattenute.